Solcato ormai il quarto anno di vita cittadina e avendone conosciuto i più svariati aspetti, sono arrivata a determinate conclusioni che distruggono gli innumerevoli luoghi comuni, i quali disegnano il paese come un luogo chiuso, sotto tutti i punti di vista. Paradossalmente, ho riscontrato nell'ambiente cittadino tante di quelle incoerenze da credere che, in confronto, il mio paese segua una condotta libera piuttosto che ottusa. Aprendo questo argomento non mi permetto di generalizzare, semplicemente parlo di una mia esperienza che quasi sicuramente tocca la maggior parte delle persone che si ritrovano ad abitare in città dopo aver vissuto molti anni in paese. Innanzitutto, basti pensare al fenomeno dell'omologazione: ognuno dei miei coetanei paesani è cresciuto distinguendosi dagli altri per mezzo della propria personalità, con aspirazioni ed idee completamente differenti. I ragazzi della mia età cittadini non riescono a vivere nella solitudine, necessitano di appartenere ad un branco ad ogni costo, anche se questo comporti la rinuncia alle proprie peculiarità. La sfera affettiva è completamente annientata, le amicizie lasciano il tempo che trovano e sono quasi principalmente dei legami di comodo o instaurati per una necessità momentanea. Le mie amicizie di paese sono ventennali, perdurano nel tempo nonostante la distanza e non dimenticano il passato come se fosse un qualcosa al quale non abbiano partecipato. Ancora più complesso l'aspetto culturale: una città così ricca di attrattive e musei di cui maggiormente i cittadini non hanno idea, i quali frequentano i soliti quattro locali famosi, lasciando sempre deserti luoghi come i caffè letterari che diventano posti di ritrovo elitari, adatti a persone che rifiutano di unirsi alla massa. La separazione dei ruoli in città è evidente, chiunque si senta un po' sopra le righe diventa un emarginato schernito dal branco, differentemente dal paese, in cui, anche se può sentirsi incompreso, mantiene il suo ruolo riconoscibile all'interno del sistema. Invece in città è facile che colga la sensazione di non essere nessuno, di trovarsi come un puntino su di una pagina bianca di cui, laddove cancellato, non resta alcuna traccia. In paese la traccia di noi stessi resta comunque e seppur manchino tante cose, per certo una non manca: l'essere una immagine definita seppur in mondo completamente sfumato.
Rachele Sorrentino
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